Veramente credete che Renzi abbia rotto il PD per personalismo?

Se c’è davvero un’emergenza in Italia, riguarda l’opinione pubblica. Abbiamo bisogno – tutte, tutti e in tutta fretta – di migliorare sensibilmente la nostra capacità di interpretare i fatti di politica. La realtà è che di politica ne sappiamo poco, ci capiamo poco, e su quel poco decidiamo ad ogni elezione. Detta così suona come una grande banalità, me ne rendo conto. Alla fine la stessa cosa può valere in ogni Paese del mondo, e magari affermare che sia un problema solo italiano sa di quel provincialismo vittimista per il quale siamo famosi in tutto il mondo: l’Italia è il posto peggiore della terra. Si, certo. Come no?

Però, al netto del preambolo secondo cui l’opinione pubblica è debole in ogni Paese, e a rischio di ricadere nel succitato vittimismo da provinciale credo che in Italia questo problema sia significativamente più grave che in altri Paesi. Viviamo la politica come se fosse un gossip, e una stampa povera di idee, professionalità ed indipendenza non aiuta. La gente vuole sentire il gossip, i giornalisti quello gli danno. La gente la vuole così, tu me la fai così.

E chi prova a superare il gossip il più delle volte lo fa imbracciando il complottismo. Se quanto raccontato non convince, allora fa figo dire che “ehi, c’è qualcosa dietro che NON CI RACCONTANO”. Ed ecco che il dibattito rimbalza tra chi prende per buone le verità della televisione e chi vede ovunque l’intervento di poteri forti, occulti e regolarmente invincibili. I primi danno ai secondi dei complottari, i secondi danno ai primi degli imbecilli. Ed hanno ragione entrambi.

Forse però, si può superare il chiacchiericcio politico senza ricorrere a Soros e alla Massoneria. Basta prendere in considerazione variabili che sembrano ignorate dai più. E allora, parliamo di Renzi e della sua scissione.

La solita costruzione narrativistica del giornalismo italiano ne ha fatto una questione personale. Un buon racconto si centra sui personaggi, i quali sono protagonisti assoluti della storia ed oggetto dell’interesse di chi legge. Così, se l’intento è quello di romanzare la politca per renderla interessante, allora la caratterizzazione dei personaggi è fondamentale. In questo caso, la cosa si traduce nel proporre che Renzi abbia deciso di rompere con il Partito Democratico per aspirazioni personali. Voleva comandare, non gli riusciva e allora ha detto: ok mi faccio il mio partito, me ne vado e chi s’è visto s’è visto.

La cosa davvero preoccupante è che tutto ruota intorno a questo: al caratterizzazione psicologica di Renzi. Lo ha fatto perché armato delle migliori intenzioni? Lo ha fatto perché vanesio e bisognoso di stare al centro dell’attenzione? Lo ha fatto come strategia per “prendere il potere”? È preoccupante, perché in tutto questo chiacchiericcio del cazzo non si riesce a sentire nessuno che si ponga un problema fondamentale, la famosa variabile che manca. Ma quelli che lo hanno sempre sostenuto, quelli che pagavano le sue campagne per le primarie e partecipavano alla Leopolda. Quelli che hanno spinto Renzi fino ai vertici del PD. Quelli… che ne pensano di tutta questa storia?

Occhio, che un conto è parlare di complotti e poteri oscuri, un altro è riconoscere serenamente che – in una democrazia rappresentativa – i partiti rappresentano gruppi d’interesse nelle istituzioni. Possono essere elettorati ideologizzati, classi sociali o gruppi di interesse. È normale che sia così, ma ci ostiniamo a non vederlo, o a vederlo attraverso il caleidoscopio distorcente del complottismo.

Ed ecco che allora la mia domanda riguarda il blocco sociale che ha sostenuto Renzi fino a portarlo a stravincere le Europee del 2014. È possibile che questa mossa di lasciare il PD sia stata concepita in risposta all’esigenza di un certo blocco sociale di trovare una rappresentanza adeguata?

Non ho risposta, ma resto convinto che se c’è una ricetta per interpretare al meglio le evoluzioni della politica istituzionale, un ingrediente appropriato sia il legare le azioni dei politici a pressioni dei gruppi di interesse che li sostengono. Per quanto i personalismi non manchino nell’Italia di Salvini, leggere la politica come se fosse una telenovela sudamericana degli anni ottanta è comunque un approccio abbastanza ingenuo.

In questo caso, pur non avendo una risposta, comincerei a chiedermi se Renzi non abbia agito conscio del supporto di chi vedrebbe bene la formazione di un area liberal-conservatrice di stampo europeista in grado di colmare un vuoto politico pericolosamente in balia di Salvini.

This entry was posted in commons. Bookmark the permalink.